domenica 28 dicembre 2008

Primo Natale


E così anche Yui ha avuto il suo primo Natale. Non ha ovviamente goduto dei manicaretti (ma il latte di mamma è sempre il più buono, no?), né ha potuto gioire dei tanti regali che ha ricevuto, reginetta della festa. Però mi sono immaginata i Natali futuri (i famosi "Christmas yet to come"), e a come sarà eccitata, e a come potremo fare per farle trovare i regali, e da dove passerà Babbo Natale per venire a casa nostra (dal balcone?) e tante altre cose. E' stata anche un'occasione per ricordare i miei Natali di quando ero piccola, io e Leti con la tuta (chissà perché nei miei ricordi abbiamo sempre la tuta?) che partecipiamo a cene luculliane (ricordo un'anatra all'arancia che non mi piacque per niente, ma adesso vorrei assaggiare), e poi pazienti ma eccitate nell'attesa di Babbo Natale che per la croncaca da noi veniva il 24 sera. Poi il traporto dei regali dal cortile al soggiorno, sotto l'albero, e l'apertura frenetica tra un turbinare di carte e fiocchi.
Sarà così anche per Yui? Avrà anche lei la fortuna, fortuna che fu mia e di Leti, di beccare Babbo Natale in flagrante e invitarlo a bere qualcosa in casa?

mercoledì 3 dicembre 2008

Secondo complemese

Esattamente due mesi fa nasceva Yui. No, un attimo. Esattamente due mesi fa ero in ospedale con le doglie. Yui sarebbe nata parecchie ore dopo. Il reparto era animato da un pezzo, io e Shinji in sala tracciati eravamo stanchissimi per la nottata in bianco, e io ovviamente ero pure parecchio dolorante, e contavo i minuti che mi separavano dalla prossima visita sperando che la dilatazione fosse avanzata improvvisamente (cosa che per la cronaca non è successa se non parecchie ore dopo). Eppure oggi, a due mesi di distanza, non ho alcun ricordo spiacevole di quel giorno. Per ricordare il dolore, che pure è stato molto, soprattutto durante il parto vero e proprio, devo concentrarmi a fondo.
Fare la mamma credevo che fosse molto più difficile. E' vero che non riesco a fare praticamente niente altro, se non lo stretto indispensabile, perché il pensiero di Yui mi occupa il 99% del cervello, ma trovo tutto molto naturale, quasi inevitabile. Poi lei è talmente brava...
E poi mi stupisco se lo chiamano "il miracolo della vita". E' un miracolo vero e proprio!!

venerdì 28 novembre 2008

Neve

Svegliarsi riposati e trovare Torino vestita di bianco, i suoni attutiti, un cane che abbaia in sordina. La Mole è quasi sparita, se ne intravede appena la sagoma tra i fiocchi che cadono, in mezzo al cielo di un bianco quasi abbagliante.
Che bello, nevica. La prima neve di Yui (non che se ne sia accorta...).
Poi poco a poco la neve diventa pioggia, e l'incantesimo si scioglie, goccia dopo goccia, lasciando spazio al grigio, i rumori si fanno più vividi, comincia il traffico.
Peccato, ma è stato bello lo stesso.

sabato 15 novembre 2008

Budino all'arsenico

Altra chicca.

venerdì 14 novembre 2008

Asterix e Obelix

Forse non tutti sanno che non sono cresciuta solo a cartoni animati giapponesi. Di quelli ne guardavo tantissimi, ma ovviamente guardavo anche i classici Disney, e anche tante altre cose. Avevo però una vera passione per Asterix e Obelix, e in particolare per "Le 12 fatiche di Asterix" e "Asterix e Cleopatra". Li ricordo ancora perfettamente, e con molta nostalgia.
La storia in sé era fantastica, la resa grafica anche, l'ironia faceva capolino ad ogni angolo, ma il meglio del meglio lo raggiungevano nelle parti cantate.
Eccone una, poi domani ne posto un'altra.

venerdì 7 novembre 2008

La cosa vergognosa...

...oltre al fatto che mi sono dimenticata di aggiornare gli ultimi film che ho visto e ora non me li ricordo, non è semplicemente il fatto che Berlusconi faccia battute da schifo, ma soprattutto il fatto che si aspetti che qualcuno le capisca. Non si rende conto di avere un senso dell'umorismo diciamo un tantinello particolare? Voglio dire, va bene una volta, va bene due, va bene anche tre, ma quando fai diecimila battute e nessuno al mondo, al mondo, ti capisce, non ti viene in mente che forse stai sbagliando tu? Andate a leggere questo articolo di Curzio Maltese.
Che vergogna...

lunedì 3 novembre 2008

sabato 1 novembre 2008

Dialogo di Alice e un vecchietto, al supermercato

Il vecchietto, guardando Yui che dorme nella carrozzina: "Che carina, su che scaffale l'ha presa?"
Alice: "Mi spiace, era l'ultima".

mercoledì 29 ottobre 2008

Bunbunìn

Vi avverto, questo è un titolo ingannevole. Già penserete che si tratti di qualche strana cosa giapponese. E invece, per una volta, è piemontese. Dicesi bunbunìn quella pastina a pallini piccoli piccoli che si mette nella minestrina dei bimbi. Tutto questo per raccontare un ricordo.
Tanti e tanti anni fa ero a casa dei nonni, che abitavano ancora al terzo piano, e il sole filtrava dalla finestra. Come in tutte le case dei nonni che si rispettino, e in particolare nelle stanze poco usate come era quella in cui mi trovavo, guardando la luce di traverso, si vedeva la polvere in sospensione. Tanti piccoli pallini di polvere che svolazzavano per l'aere. Allora io mi misi a urlare: "Nonna, nonna! Guarda! Ci sono i bunbunìn che volano!!"
Mia nonna accorse pensando forse di non aver sentito bene, poi alzai lo sguardo e la vidi sulla porta, giustamente perplessa.
Prime sperimentazioni linguistiche.

domenica 26 ottobre 2008

Nessuna nuova buona nuova

Esatto. Non ho niente da scrivere, o forse troppo. Le mie giornate si dileguano veloci come fumini, tra pannolini, poppate, ciucci, tentativi di interazione, brevi passeggiate. E sono già passate tre settimane...
Quando avrò di nuovo qualcosa da scrivere sul blog? Urge una nuova ricetta, e non guasterebbe un po' di tempo per prepararla, magari.

lunedì 13 ottobre 2008

Ma quanto è carina...

...la nuova pubblicità di Sky?

giovedì 9 ottobre 2008

YUI ☆ 結伊


E così, eccoci qua. Io e Shinji ora non siamo più soli. Adesso c'è anche Yui.
E' nata venerdì 3 ottobre alle 18:28, una vitellina di 3750 gr per 55 cm di lunghezza. Ancora non mi capacito di come sia possibile che fosse dentro di me, e soprattutto di come abbia fatto a uscire.
Ma di sicuro ci è venuta bene.
Il parto è stato lungo ma bello, abbiamo avuto la fortuna di trovare un'ostetrica davvero unica, Patrizia, che ricorderò sempre per la sua umanità e professionalità, e tante altre cose. E' stato un parto intimo, senza interferenze, molto vissuto ma solo da noi. Esperienza fortissima e indimenticabile.
E ora Yui è qui con noi, cerchiamo di capire cosa cerca di dirci, cerchiamo di capire nei suoi occhi e nelle sue espressioni le sue esigenze, il suo linguaggio. Per ora la routine è: tetta, nanna, era una finta, tetta, papà, nanna.
E' talmente bella...

martedì 30 settembre 2008

Chukadon a modo mio ☆ 私風中華丼


Il Chukadon, o donburi alla cinese, in realtà è un piatto nato in Giappone. "Alla cinese" sta proprio letteralmente: non è cucina cinese, è una specie di imitazione. Ora, io sinceramente non capisco del tutto cosa ci sia di cinese in tutto ciò, se non il legare la salsa alla fine, che in effetti è d'uopo in ogni piatto cinese che si rispetti, ma tant'è.
Lo vedete qui sopra con la classica zuppa di miso.
Pare non ci sia una ricetta precisa del chukadon, l'importante è che gli ingredienti siano tante verdure e un tipo di carne. Io personalmente trovo che il meglio del meglio sia la coscia di pollo, ma mi è già capitato di cucinarlo con il vitello, e di mangiarlo con il maiale (ok, detto così sembra che io abbia degli strani compagni di merende, ma ci siamo capiti). Io come verdure ho messo carote, cipolle, porri, funghi shiitake e chingensai. La salsa era molto gustosa, e il tutto deve essere lasciato un po' a stufare.
La cosa fondamentale, però, è che le verdure non devono diventare molli, ma restare molto croccanti. La carne invece, ovviamente, deve essere cotta ma non troppo, altrimenti diventa dura.
Insomma, un delicato equilibrio!
Ma che risultato!

giovedì 25 settembre 2008

Stagioni

Visto che la piccola non dà segni di voler abbandonare la navicella madre, cambiamo argomento.
Parliamo di stagioni.
A me piacciono tutte, devo dire, ma quelle che preferisco sono le famose "mezze stagioni". E non è vero che non esistono più!!
In questi giorni, quando è sereno, il cielo sembra altissimo, e il primo vento d'autunno porta profumi di montagna. Che bello sentire il primo fresco, rabbrividire all'ombra per poi scaldarsi ancora per qualche attimo di sole. Intanto, i colori di tutte le cose cominciano piano piano a imbrunirsi, compresi gli abiti della gente, chissà perché. Ogni tanto camminando sotto un albero è bello seguire con lo sguardo una foglia che sembra danzare cadendo.
Lo stesso accade in primavera. Quando ci si comincia timidamente a svestire, e all'imbrunire il cielo prende un colore nuovo, quasi trasparente che comincia a scurirsi da lontano. Cambiano gli odori, appena si avvicina la collina si sente il profumo di quei fiori che io ho sempre chiamato aglietti, per ovvi motivi, ma forse non si chiamano così.

E poi ovviamente ci sono la frutta e la verdura di stagione. E' tempo di funghi!! Zucche, i primi cavolfiori!! E poi le mele, quelle vere!!
Mangiare queste cose è quasi un presagio del freddo che sta per arrivare, un presagio triste ma dolce.

lunedì 22 settembre 2008

Lo so...

...sto trascurando il blog.
Il fatto è che non ci sono grosse novità. Le aspettiamo, questo è vero, ma non ci sono. L'attesa può essere estenuante ma cerchiamo di viverla al meglio. Insomma, questa bimba si fa attendere. E noi attendiamo.

martedì 9 settembre 2008

Numeri che cambiano

E' stato reintrodotto il voto in condotta. Una volta si veniva bocciati con il 7. Ora con il 5. I tempi che cambiano.

Una volta la serata televisiva cominciava alle 20.30. Ormai i film/telefilm in prima serata cominciano tutti tra le 21.05 e le 21.30. Magari per far spazio a Walker Texas Ranger. Ognuno ha quel che si merita.

Una volta avevo un vitino da vespa. Ora la mia circonferenza ha superato il metro! Giuro!!

domenica 7 settembre 2008

Chingensai ☆ 青梗菜


Dopo un po' di tempo passato a disquisir di quisquiglie, un bel post culinario su una verdura giapponese. In realtà dovrebbe essere cinese, ma con nostro stupore quelli del ristorante cinese dove andiamo di solito non l'hanno mai vista né sentita. Secondo me non ce la contano giusta.

Si tratta di una specie di costa (nel senso di bietola), per capirci, e vengo or ora a sapere che fa parte della famiglia delle rape (stupore!).


Può essere cucinata in vari modi, semplicemente bollita e poi condita a piacere o insieme ad altri ingredienti. Siccome abbiamo scoperto che Porta Palazzo ne è ben fornita, abbiamo deciso di sperimentarne un po'. Il primo esperimento non me lo ricordo (si vede che non era un gran che).
Il secondo esperimento invece è venuto molto bene, tant'è che ieri sera lo abbiamo ripetuto (ma questa è una foto del primo, infatti ieri sera ho provato ad aggiungere anche i germogli di soia).
Eccolo qua!
Trattasi di un piatto a base di carne di pollo (rigorosamente coscia) e questa misteriosa verdura bietolosa (o bietolona?), conditi con una salsa a base dei soliti ingredienti con l'aggiunta di un ingrediente segreto, che andrò subito a svelare: la nampura, una salsa tailandese (credo) a base di pesce! Di cui non trovo notizie in internet (forse perché non si scrive così? Indagherò).

giovedì 4 settembre 2008

Una bimba a concerto

Ieri sera io e Shinji siamo stati al Regio per un concerto, e con noi, per ovvi motivi logistici, è venuta anche la nostra bimba.
Ebbene, su Rachmaninoff si agitava, si appassionava, quasi orchestrava! Ma si è addormentata della grossa con Sibelius.
Mi sa che ha preso dalla mamma.

giovedì 28 agosto 2008

Ma quanto urla la gente?

Altro che le scimmie urlatrici.
Nel condominio dove viviamo, abitano anche parecchi anziani tra i più urlatori di tutto l'universo mondo.
Il primato va sicuramente a Romano e Maria, che si sono appena esibiti nel seguente dialogo (notare che io li sento attraverso il pavimento)
R: Maria, dammi quello.
M: Quale?
R: Quello!
M: Non mi prendere per il culo!
R: Maria, vaffanculo!
M: Allora fakjlskjfadiugaoiugjkzhòslkauoigtreagoi!!
R: Non parlo più!
M: akjhgfaòkjaòiughòki!!!
R: NON PARLO PIU'!!
M: AHDGJHAòKJHFQòJKHS!!!
R: NON PARLO PIU' NON PARLO PIU' NON PARLO PIU' NON PARLO PIU'!!

Invece un'altra vicina, che ha appena avuto un infarto e che giusto l'altro giorno mi confessava di aver deciso di non arrabbiarsi più con nessuno perché i dottori le avevano detto che la sua costante e malcelata rabbia aveva avuto un ruolo nel suo infarto...
Sta gridando da più di mezz'ora con sua sorella. Non ho neanche capito di cosa parlano, perché quando si arrabbiano attaccano con il siciliano e io mi perdo. Il bello è che di solito non urlano perché sono arrabbiate l'una con l'altra, ma si incavolano a parlare di cose successe ad altri. Tipo: la panettiera mi ha detto che hanno rubato la macchina a suo figlio. Quei bastardi!! E giù contro i ladri di macchine.

Io spero di non diventare mai così...
Nel caso spero che qualcuno me lo faccia notare...

venerdì 22 agosto 2008

Cose che mi hanno commosso in questi mesi...

...e per cui do la colpa agli ormoni della gravidanza.
Ovviamente questa è solo una selezione, in realtà sono molto ma molto di più, ma ecco quelle che mi vengono in mente così, stamattina che è un po' tutto grigio e che ormai manca poco (ma quante cose ancora mi commuoveranno...?).

Allora.

Mi ha commosso vedere il Dalai Lama prendere per mano Formigoni. Ma si può?? Questi sono gli ormoni. Per giustificarmi, dico che non gli ha preso la mano, l'ha proprio preso per mano, e poi sono andati dove dovevano andare (cmq fuori campo).

Mi ha commosso ripensare (ripensare!!) a una pubblicità (una pubblicità!!) della Mastercard edizione Japan, in cui una famiglia andava a trovare il nonno al paese natale. Ovviamente gli portavano un sacco di regali ma vedere la felicità nei suoi occhi non ha prezzo. La figura del nonno che li salutava da sopra una scala di pietra mi ha ricordato la nonna che usciva sempre fin sul marciapiede per salutarci quando andavamo via.

Mi ha commosso ascoltare "Per te" di Jovanotti e sinceramente continua a commuovermi.

Mi ha commosso il balenottero che aveva perso la mamma e che scambiava la chiglia delle barche per lei.

Mi ha commosso vedere il profilo della nostra bimba durante l'ecografia (ma questo forse è normale).

E infine, ciliegina sulla torta, mi ha commosso l'Inno di Mameli!! Però ho una giustificazione: era il 25 aprile e la banda suonava davanti a una lapide che c'è qui in piazzetta per alcuni caduti per la libertà.

lunedì 18 agosto 2008

Katsudon ☆ カツ丼


Non è che sia un piatto molto estivo, ma è buono e quindi l'ho preparato lo stesso. Si tratta di una cotoletta di maiale spessa, impanata e fritta (a questo stadio della preparazione si chiama tonkatsu, e di solito per pigrizia mi fermo qui), ulteriormente stufata in un brodino insieme a qualche fetta di cipolla, e infine coronata da un uovo non del tutto cotto. Il tutto servito su un letto di riso.
Ci sono molte varianti del katsudon, a seconda della regione in cui si mangia, ma questa è quella più "standard", l'unica e vera!!
Buon appetito!!

lunedì 11 agosto 2008

Oggi...

...camminavo un po' impedita per strada, e un vecchietto mi vede la pancia e mi dice:

"Auguri mammina!"

Che carino...

domenica 3 agosto 2008

Tempura


Il tempura è uno dei piatti classici della cucina giapponese, e regna, sovrano incontrastato, anche in tutti i ristoranti giapponesi all'estero accanto a sushi e sashimi. Per riassumere in poche parole ciò di cui si tratta, si potrebbe usare l'abusato ma sempre efficace detto "fritto misto non resisto", ma sarebbe forse un po' riduttivo.
Trattasi in effetti di un frittomistoabasediquellochevuoitu, ma solo di pesce e verdure. I must sono: gamberoni (che io non ho usato, per non smentirmi), zucca (idem), patate dolci (ri-idem), melanzana, peperoni verdi eccetera eccetera.
Nel nostro caso, dall'alto in senso orario ho usato: melanzana, peperoni verdi, radici di loto, funghi shiitake, e al centro calamari.
Gli ingredienti prima di essere fritti vanno intinti in una pastella che è proprio quello che differenzia il tempura dagli altri fritti misti (quello alla piemontese, per esempio, oltre all'amaretto), e che è anche la cosa più complicata da fare. E' a base di farina, fecola, lievito, uovo e acqua ghiacciata, in proporzioni variabili e segretissime che si tramandano di generazione in generazione (il che spiega anche perché il mio tempura sembra più un fritto misto alla piemontese impazzito che altro).
Una volta fritti, gli ingredienti vanno intinti in una salsa particolare, sempre a base dei soliti salsa di soia, mirin, e altre amenità, nella quale sia stata possibilmente stemperata della rapa daikon grattugiata.
E' una cosa da provare, ogni tanto. Io nel frattempo cercherò di perfezionarmi. La prossima settimana mi ri-cimenterò.
Ultima curiosità: la parola tempura fa parte di quelle (parecchie) parole giapponesi che derivano dal portoghese. In particolare, pare che derivi da tempora, il periodo in cui ci si astiene dalla carne. Che storia.

Colazioni


Lo confesso, io sono un'amante della colazione, che deve essere: veloce da preparare (altrimenti non resisto), leggera, calda, e soprattutto dolce. Questa è una delle poche cose su cui io e Shinji non ci troviamo, lui è un amante delle colazioni "à la japonaise", cioè praticamente uguale a un pranzo, o una cena, e a me al solo pensarci viene la pesantezza di stomaco, poi penso che dovrei anche prepararla, quindi alzarmi prima, cuocere il riso, la zuppa, magari il salmone (!!) e mi rifiuto categoricamente e a priori.
Invece a me piace mangiare pane e marmellata, biscotti, tè, caffè e chi più ne ha più ne metta. E ogni tanto, mi concedo gli hotcakes, rielaborazione giapponese degli americani pancakes, che vedete qui a lato. Ho provato tante ricette, prima di tutto quelli americani, quelli tedeschi ecc ecc, ma erano troppo neutri, troppo tipo crepe. Infine come avrei dovuto fare da subito ho cercato la ricetta giapponese e ora sono pienamente soddisfatta. La differenza con i pancakes è che gli hotcakes sono più dolci, più alti e più piccoli (il che deriva dal fatto che l'impasto di partenza è molto più denso), ma soprattutto più buoni! In Giappone li mangiano spesso "a sandwich", con un fiocchetto di burro in mezzo, ma io ho voluto strafare e ci ho messo la marmellata di mirtilli!
Slurp!!

mercoledì 23 luglio 2008

スタミナ料理 ☆ Stamina ryori

D'estate, come tutti sanno, il caldo fa perdere le forze. Il caldo fa venire voglia di mangiare leggero, fresco, poco. Invece no. Stiamo sbagliando tutto. D'estate, per recuperare le forze, bisogna mangiare stamina ryori, ovvero i piatti che ci donano stamina (energia).

Ecco alcuni cibi che si possono annoverare tra i donatori di stamina: aglio, porri, peperoncino, nira, fegato, anguilla...

Ovviamente il non plus ultra è il famoso nira rebaa, cioè fegato e nira in padella, ma visto che alla sola vista del fegato mi vengono i conati, finora le preghiere di Shinji sono rimaste inesaudite.
Anche lo unadon, l'anguilla arrostita servita su un letto di riso, va forte d'estate. E' sinceramente un po' pesantuccia ma è davvero squisita. Personalmente però mi rifiuto di comprare l'anguilla, che già di suo sembra un serpente, pulirla (sempre serpente), arrostirla su uno spiedo che non ho (poi fa caldo) e infine cucinarla. Cioè, quando il piatto è pronto ho già perso tutte le forze che devo ancora guadagnare mangiandola. Qualche volta ho preso il grongo, un parente dell'anguilla, ma non è proprio la stessa cosa.
Però giustamente anche noi vogliamo e dobbiamo, per non perdere le forze, darci alla stamina ryori.

Così qualche giorno fa ho cucinato questo stamina don, a base di carne di maiale, porri, alghe e tanto aglio. Sapeste che energia!! (e che puzza, ma ne vale la pena)
A piacere, si può mangiare con un uovo crudo 'ncoppa, che io ho evitato per motivi gravidici, e credo che anche quello contribuisca nell'azione curativa e lenitiva delle estive stanchezze dell'intero piatto.

Insomma, come al solito... Buon appetito!

domenica 20 luglio 2008

Guida galattica per gli autostoppisti

In molte delle civiltà meno formaliste dell'Orlo Esterno Est della Galassia, la Guida galattica per gli autostoppisti ha già soppiantato la grande Enciclopedia galattica, diventando la depositaria di tutto il sapere e di tutta la scienza, perché nonostante presenti alcune lacune e contenga molte notizie spurie, o se non altro alquanto imprecise, ha due importanti vantaggi rispetto alla più vecchia e più accademica Enciclopedia: uno, costa un po' meno; due, ha stampate in copertina, a grandi caratteri che ispirano fiducia, le parole "NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO". [...] E, nel caso che ci fosse un'inesattezza tra quanto riportato nella Guida e la Vita, ricordate che in realtà è la vita ad essere inesatta.


Finalmente, dopo anni di ambizioni frustrate, sono riuscita, grazie al mio adorabile maritino che mi ha fatto una sorpresa, a vedere il film Guida galattica per autostoppisti, tratto dalla fantastica serie (fantastica) Guida galattica per gli autostoppisti del compianto Douglas Adams.

Il mio primo incontro con il libro, per un caso del destino, avvenne proprio in Giappone, durante il mio primo viaggio, a Kanazawa. Il compagno di corso Claudio mi prestò uno dopo l'altro i quattro libri della trilogia: Guida galattica per gli autostoppisti, Ristorante al termine dell'universo, Addio e grazie per tutto il pesce, Praticamente innoquo. E subito me ne innamorai. A quel tempo la versione italiana era introvabile in commercio, ma mi fu regalata la versione completa della serie in inglese, ancora più godibile. Ora è nella lista dei libri da comprare, visto che Mondadori l'ha rieditata (la prima edizione, del 1980, era Urania).

Quando in Italia uscì il film fu scandalosamente ostracizzato. Rimase nelle sale (poche) per ben un week end!! A cavallo di ferragosto!! Infatti noi eravamo a Venezia e non riuscimmo a vederlo, con mio grande dispiacere. Poi lo cercammo in videoteche varie per tre anni, senza successo, fino all'intervento, quasi un deus ex machina, del mio maritino.

Per i non adepti, ricordo che la Guida è sia il titolo del primo libro della serie (e di conseguenza di tutta la serie), che di un libro che compare nella serie, una vera e propria "guida turistica" a proposito della "vita, l'universo e tutto quanto".
La guida è anche secondo me la cosa più riuscita nel film. Con una grafica davvero carina e accattivante, l'interattività del libro viene mostrata tramite le spiegazioni di tutto ciò che Arthur, uno dei protagonisti, cerca (come potrebbe fare su Wikipedia) durante il suo soggiorno nello spazio (in pigiama). Tra l'altro, un tentativo di ricreare la guida on line è stato fatto dalla BBC, e si chiama h2g2.
Altra cosa davvero carina del film è il robot depresso Marvin. Con quel testone, le spalle curve e gli occhi a triangolo è davvero kawaii. E, come nel libro ovviamente, è argutamente depresso. D'altra parte, è un prototipo di robot con Caratteristiche da Persona Vera (CPV), e viene definito l'androide paranoico (in inglese "paranoid android"...). Spinge al suicidio tutti i computer di bordo con cui conversa a proposito della vita.
Una cosa che invece mi ha un po' turbata, più di quando la lessi sul libro, è il Babel Fish, il Pesce di Babele. Si tratta di un pesciolino che si mette nell'orecchio, e dona la capacità di comprendere tutte le lingue dell'universo. Insomma, tutti noi traduttori ci ritroveremmo nei campi a raccogliere pomodori se ci va bene, o olive se ci va male. Il nome è stato poi adottato da Altavista per il suo traduttore on line (che fortunamente è una schifezza).
In realtà le trovate emozionanti e i personaggi esilaranti nella saga sono davvero tantissimi, e più ne scrivo più me ne vengono in mente. Una per tutte: la risposta alla domanda universale su "la vita, l'universo e tutto quanto", che è 42.
Ma mi fermo qui. Chi non l'ha ancora letto, dovrebbe leggerlo. O per lo meno guardare il film. Poi, non potrà fare a meno di cercare il libro.

giovedì 10 luglio 2008

La fine dell'agonia?

Credo che tutti ormai sappiano che la Corte d'appello civile di Milano ha dato il permesso che siano staccate le macchine che alimentano e idratano artificialmente Eluana Englaro, in coma ormai da sedici anni (sedici anni!) in seguito a un grave incidente stradale. Stamane, l'articolo di Adriano Sofri su Repubblica.it ci ricorda che l'agonia non è stata solo quella, inutilmente e ingiustamente prolungata, di Eluana, che speriamo non si renda conto di nulla, ma anche quella dei suoi genitori. Il padre poi, si è battuto con una forza e una tenacia ammirevoli, lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta che spesso tentano anche i più disperati. Speriamo che ora anche loro possano trovare un po' di pace, certo senza più una figlia, ma almeno liberi da un peso e da una responsabilità che non si augura certo a nessuno.
Ovviamente il Vaticano e molti esponenti della destra parlano di "scelta grave", "eutanasia di fatto". La Binetti (ci mancava!) addolcisce con un sorprendente "dal mio punto di vista". Ora vorrei dire una cosa ovvia. Come tutti sanno non mi intendo di religione, Chiesa, e tantomeno di Dio, ma a me sembra che il concetto sia che Dio dà la vita, e Dio ugualmente la toglie. Non mi sembra che sia contemplato che Dio alimenti artificialmente una persona in coma. La povera Eluana, fosse stato per Dio, sarebbe già morta da tanti anni, o mi sbaglio?
E speriamo che questa sia la volta buona, per Eluana, per i suoi genitori, e per noi tutti che abbiamo condiviso con pena questa vicenda, sperando che possa servire per darci una legislazione univoca e poco aperta alle interpretazioni in casi del genere. Perché qui Dio non c'entra niente.

venerdì 4 luglio 2008

Ebano

Stamattina ho finito di leggere Ebano, di Ryszard Kapuscinski. Si tratta di uno zibaldone di riflessioni più o meno approfondite, racconti di viaggio, vere e proprie lezioni sulla situazione di alcuni paesi, raccolte durante la sua pluridecennale esperienza di corrispondente dall'Africa. Rispetto agli altri suoi libri che ho letto, Shah in Shah e Imperium, che comunque mi erano piaciuti moltissimo, soprattutto il primo che mi ha anche permesso di vantarmi di sapere tutta la storia iraniana mentre guardavamo Persepolis, Ebano è più affascinante perché è sfuggente, è come guardare una mostra di fotografie, ogni fotografia un momento, una storia, e poi si passa alla successiva. Per certi versi è agghiacciante (vedi il capitolo sul Ruanda o quello sulla Liberia), per altri rilassante e sempre molto coinvolgente.
Tra i tantissimi passaggi che mi hanno colpito, ne riporto uno.

La nostra terra, il nostro pianeta è una congerie di decine di migliaia di posti, ciascuno con il proprio nome (per giunta scritto o prounciato diversamente nelle varie lingue, il che ne aumenta il numero). Sono una quantità talmente sterminata che, viaggiando, uno non riesce a tenerne a mente neanche una piccola parte. Spesso la nostra memoria è talmente satura di nomi di località, regioni e paesi, che non riusicamo più ad associarli a un'immagine, a una veduta, a un paesaggio, a un episodio o a un volto. Tutto si mescola, si accavalla, sbiadisce. L'oasi Sodori la mettiamo in Libia invece che in Sudan; la cittadina di Tefe in Laos invece che in Brasile: il piccolo porto di pescatori di Galle in Portolallo, invece che dove realmente si trova, vale a dire in Sri Lanka. L'unione del mondo, così difficile da raggiungere nella realtà pratica, si realizza nei nostri cervelli, nei suoi strati di memoria perduta e confusa.

venerdì 27 giugno 2008

Temperature

Cito dal meteo di Repubblica.it, per Torino ovviamente.
Oggi, ore 12-17: cielo sereno, temperatura 32 °C, temperatura percepita 41°C.
Ora io mi domando e dico. Già 32 gradi non sono pochi, fa caldo, sono incinta e ho le caviglie gonfie. Ma mi dovete anche dire quanti gradi devo percepire? Ma saranno cavoli miei? E poi come fate a calcolarla? La percezione non è, o dovrebbe essere, una cosa personale?
Mi sembra che solo negli ultimi anni si sia cominciato a parlare di temperature percepite. Ma perché? Allora che senso ha misurare le temperature normali??
Vorrei proprio saperlo.

Quindi oggi a Torino tra poche ore ci saranno 32 °C, ma non ditelo a nessuno. Perché tutti penseranno che ce ne sono 41 °C, così possono lamentarsi di più e meglio, e abbassare la temperatura del condizionatore (oh! un miraggio!)

lunedì 23 giugno 2008

Aggiornamento

Sto pensando di comprare una cassettina con sabbietta per il gatto fantasma, perché continua a fare la pipì in giro. Mi chiedo però dove faccia la cacca. Boh.

giovedì 12 giugno 2008

Il gatto fantasma

Come molti ormai sanno, in questa casa non ci sono più gatti da anni.
Eppure è qualche giorno che in cucina c'è puzza di pipì di gatto. Dapprima, l'ho sentita sul lato frigo. Ho pulito un po' in giro, nessun cambiamento. Ho spruzzato un po' di Oust, che come è noto, non copre gli odori ma li elima. Ebbene, avrei un suggerimento ai pubblicitari. "Oust! Non copre gli odori: li sposta!"
Sì perché il giorno dopo riecco la puzza, ma sul lato lavandino.
Ma che è un gatto fantasma?!
O è ancora una volta tutto frutto della mia immaginazione ormai in preda agli ormoni?!?!
Aiuto!!

martedì 3 giugno 2008

Una cena


Adesso che arriva l'estate (ma dove? quando?), dovrebbe passarci l'appetito e invece...
No, in realtà, adesso che arriva l'estate viene voglia di cose fredde, e quindi rispunta la soba, che la faceva da padrone anche nelle estati scorse... Ma per cena mangiare solo quello è un po' triste, così ho deciso di replicare esattamente quello che si può trovare in una trattoria giapponese (nel senso in Giappone).
Dunque abbiamo il piatto principale che è pollo con alghe e salse su riso (in basso a sinistra), soba fredda da bagnare nell'apposita brodaglia a sua volta fredda (in alto a destra), insalatina per sgrassare e zuppa di alghe.
Certo che tra piatti pugliesi e tovaglia con le cipolle bisogna proprio fare uno sforzo di immaginazione per credere che sia cucina giapponese!!
In realtà la soba andrebbe servita su una specie di gratella di bambù... Sarebbe tutto molto più poetico...

domenica 1 giugno 2008

De gustibus

Fin dall'inizio della gravidanza, mi vantavo che i miei gusti non fossero cambiati, di non avere cose che mi davano la nausea (anche se questo è vero solo in parte, ma per vantarsi a dovere bisogna sorvolare su alcuni dettagli), ecc. Ebbene, passata la metà mi accorgo ora che non è così.
A casa nostra si è sempre mangiato piuttosto salato, anche Shinji è un amante dei gusti forti, quindi mi sono stupita non poco quando per tre giorni consecutivi il maritino mi dice: uhm, è un po' salato, sai? Salato? Proprio tu mi dici che è salato? Assaggio, mastico, assaporo, no non mi sembra salato. Sul piccante, poi, Shinji è sempre stato più forte di me. A me piacciono molto le cose piccanti, ma ho una soglia di sopportabilità (quella oltrepassata la quale non si sentono più i gusti e mangiare un elefante alle olive o un toast per digerire è esattamente uguale) decisamente più bassa di lui. Ebbene, l'altro giorno con il curry tailandese lui sudava come un panzone sotto il sol di ferragosto, io mangiavo impassibile.
Insomma, mi sono cambiati i gusti. Li sento più deboli di quanto in realtà non siano.
L'altra spiegazione possibile, per quanto leggermente più illogica, è che con la mia gravidanza, i gusti siano cambiati a Shinji.
Morale della favola, devo stare attenta con il sale, la salsa di soia, il peperoncino, il miso ecc, che oltretutto a parte il peperoncino non è che facciano proprio benissimo, e la cosa assurda è che in questo caso assaggiare non serve!! Argh.

giovedì 29 maggio 2008

Curry tailandese


Dopo un po' di tempo in cui comunque continuavo a cucinare (non crediate), ecco un altro post culinario.
Da un po' ci è presa la voglia di fare il curry tailandese, l'avevamo mangiato una volta a casa di Fusako, e un'altra volta al ristorante tailandese. Shinji lo ha anche mangiato una marea di volte in Tailandia, immagino. Io ero un po' restia perché è parecchio piccante. Comunque ci siamo decisi e... Abbiamo invitato Fusako a cena per farcelo cucinare! Ah ah ah!!
A differenza del curry indiano, che per lo meno nella sua versione giapponese, è parecchio lungo da cuocere e si fa con una tavoletta con dentro una serie di cose misteriosissime e alla fine viene molto denso, questo si fa in fretta, a partire da una speccie di pasta un po' puzzona, e con aggiunta di latte di cocco! Gli ingredienti sono : pollo (coscia), melanzane, peperoni verdi, cipolle, funghi e patate. Il tutto accompagnato da riso tailandese, meglio conosciuto come basmati, quello lungo, sottile e profumato (anche se a me più che altro sembra che puzzi, ma questa è un'altra storia). Se la foto non corrisponde, è perché l'ho presa da internet perché ovviamente ieri sera ho dimenticato di scattare. Colgo anche l'occasione per ringraziare il cuciniero/la cuciniera giapponese che ha prima cucinato, poi messo in un piatto memorabile, e infine fotografato, il curry tailandese! E scusa se ti ho rubato la foto!!
Abbiamo inoltre scoperto che ci sono almeno tre tipi di curry tailandese: giallo, verde e rosso. Il nostro è verde. Non ho ben capito le differenze tra i tre, dovrò indagare.
Rispetto al curry indiano è decisamente più leggero (quasi una zuppa), e sarà anche colpa della gravidanza ma ne ho mangiati quasi tre piatti senza batter ciglio.

PS: oddìo, mancano solo 120 giorni!!

giovedì 15 maggio 2008

I Sogni di Sancho Panza

Evidentemente il piccolo Alien che cresce dentro di me fa dei sogni scatenati più di quanto già non li faccia io, perché da qualche mese faccio sogni faticosi e complicati ogni notte, spesso quattro o cinque volte a botta (e ogni volta mi sveglio e per sicurezza vado a fare la pipì).
In ordine sparso, eccone alcuni.
Ho sognato che facevo sci di fondo con Nene e Shinji. Mentre sciavo pensavo: be', ho sempre pensato che fosse molto più faticoso, mentre gli sci scivolavano sulla neve farinosa e la pista si addentrava in idilliaci boschi. Poi ci fermavamo e mi assaliva la stanchezza, e improvvisamente mi ricordavo perché di solito non scio. Però è stato piacevole.
Ho sognato che dovevo (dovevo!!) spostarmi in bicicletta (e chi mi conosce sa come la penso). E ovviamente chissà perché la strada era tutta in salita, e io cristonavo come mai prima d'ora. Quando mi sono svegliata ero sudata, stanchissima, e anche un po' incazzata.
Ho sognato che partorivo due gemelli, e dicevo all'ostetrica: guardi che io ne aspetto solo uno, e lei: ah mi scusi allora li porto via.
Ho sognato che parlavo dal balcone a qualcuno sulla piazza, e improvvisamente mi accorgevo che non solo avevano tagliato tutti gli alberi, ma avevano anche spostato il centro della piazza verso casa nostra. Allora chiamavo un vigile per chiedergli che senso avesse, e poi adesso come fanno a passare le macchine? E lui mi diceva che intanto gli dovevo prestare la mia pen drive. Io mentivo dicendo che non ce l'avevo, e lui insisteva per avere almeno un cavo USB.

Insomma, mi sembra ovvio che questi non sono sogni miei! Sono posseduta!!

venerdì 9 maggio 2008

Honey and Clover

Mi sono accorta che non parlo mai dei manga che traduco. Forse tutto si spiega con il fatto che visto che è un lavoro che faccio tutto il giorno, quando scrivo il blog (sempre più raramente ormai, lo so) ho voglia di pensare ad altro...
E quindi eccomi qui. E' stato pubblicato l'ultimo dei 10 numeri di Honey and Clover di Umino Chica, sicuramente la serie più bella che ho tradotto finora. Anzi, è nettamente superiore, un centinaio di gradini sopra, a quasi tutte le altre. E quando una cosa finisce (anche se io ho finito di tradurla mesi fa) fa sempre un po' tristezza... Come d'altra parte la serie in sé.
Putroppo non ha avuto il successo di pubblico sperato (o per lo meno che speravo io), ma è stata apprezzata dai "veri intenditori" (sì, gli otaku ma non solo), e questo un po' mi consola.

Ora vorrei dire due parole sul fumetto, quindi come va molto di modo oggigiorno anche nei free talk degli shojo, metto una bella ALLERTA SPOILER, così chi non vuole sapere nulla di nulla è avvisato.

Dunque, per dire in due parole di cosa si sta parlando, Honey and Clover è un manga uscito in Giappone tra il 2000 e il 2006 su ben tre riviste (vicissitudini editoriali anche al di là del mare, pare), che ha avuto parecchio successo e ha per questo ottenuto oltre alle consuete lodi generali il prestigioso premio Kodansha nel 2003.
E' ambientato a Tokyo, in un'Accademia delle Belle Arti vagamente sperduta nel nulla, e ha come protagonisti (da sinistra verso destra nella "foto" a lato) Mayama (architettura, già laureato), Yamada (ceramica), Hagumi (pittura), Takemoto (architettura), Morita (scultura e tanto altro), e (fuori dall'illlustrazione, poverino) il professor Hanamoto, insegnante di storia dell'arte (oddìo, mi sembra ma non ci giurerei) nonché cugino della piccola Hagu (piccola in senso fisico, ovviamente visto che va all'università è grande, ma è piccina picciò come uno gnomo). Poi ci sono tutta una serie di comprimari, prima fra tutti Rika, amata da Mayama e amica del professore, ma anche i colleghi di Mayama, il fratello di Morita e così via.
I dieci volumi ruotano intorno alla crescita soprattutto artistica e affettiva dei protagonisti, alle evoluzioni (e involuzioni) dei loro amori, e a varie gag che fanno letteralmente rotolare per terra dalle risate.
Detto questo, Honey and Clover non è un manga semplicemente divertente. Anzi, a guardarsi indietro non è questo che resta.
E' piuttosto tutto un susseguirsi di emozioni molto fitte che poi si rarefanno improvvisamente per sciogliersi alla fine di ogni capitolo in un profumo, un tramonto, un suono.
Quello che toglie il fiato è come la Umino riesca a sintetizzare delle sensazioni banali, comuni a tutti, ma che nessuno riesce a esprimere a parole, in frasi semplici che però, giuro, fanno venire i brividi. Tra qualche giorno, magari quando avrò tra le mani l'ultimo volume in italiano, mi piacerebbe fare una provvisoria selezione delle frasi che mi sono piaciute di più.

Quello che probabilmente ha un po' spiazzato i lettori sono i disegni, che sono obiettivamente "diversi", ma a me onestamente piacciono un sacco. Li trovo espressivi, semplici, funzionali. Altra cosa (che all'inizio ha spiazzato anche me) è la quantità di testo, in alcune tavole davvero sovrumana (ma sono anche le tavole più divertenti!).

Piccole-grandi cose che ho amato di Honey and Clover:
1) i luoghi: la strada per l'università con il campo fiorito, Yokohama con la ruota panoramica (elemento che torna a più riprese e che ha un significato tutto suo), il "paese natìo", lo Hokkaido (che mi ha catapultato nei ricordi).
2) la cucina: ci sono un sacco di riferimenti culinari, alcuni spiritosissimi, che non potevano lasciarmi indifferente. In realtà è una costante di molti manga, ma questa volta mi sono dilungata in spiegazioni in nota (che spero qualcuno avrà apprezzato).
3) i fiori e i loro profumi: la Umino è un'amante dei fiori, sia quelli che sbocciano "da terra" che quelli "meno nobili" ma altrettanto belli che sbocciano sugli alberi. I profumi dei fiori caratterizzano il passare delle stagioni, ad esempio autunno = olivi odorosi (kinmokusei):
Il cielo d'ottobre sembrava altissimo, e il profumo malinconico degli olivi odorosi attraversava pigro le aule, in quel pomeriggio.
4) Miyazawa Kenji: i riferimenti a "Una notte, sul treno della via lattea" e "La pera selvatica" durante il viaggio di Takemoto. Ecco, trovo che Honey and Clover sia evocativo allo stesso modo in cui lo sono i racconti mi Miyazawa.
5) la coralità del tutto: infatti non ho un personaggio preferito. Sono tutti così veri, così parte di noi... Anche il più inafferrabile, Morita, alla fine si rivela così umano, e fragile, e debole, che lo si ama per forza. C'è da dire che Takemoto conta il maggior numero di "pensieri" nel manga, e forse è per questo che almeno all'inizio ci si affezione un po' di più a lui, ma io sono convinta che tutti i personaggi rappresentino una parte di noi.

E questo per ora è tutto. Aggiungo solo che anche l'anime è molto bello (niente a che vedere con il manga, però), il film è diverso e proprio per questo piacevole (con Aoi Yu che fa Hagu, credo che solo lei avrebbe potuto interpretarla) e il drama invece fa un po' pena. Vabbè, non si può avere tutto dalla vita.

Ora in Giappone la Umino sta pubblicando "Sangatsu no lion - March comes in like a lion", chissà se lo vedremo un giorno anche qui?

lunedì 28 aprile 2008

Ristoranti e ricordi

Ci sono ricordi, sapori, brevi flash che a volte mi riportano alla mente dei ristoranti (o pizzerie) in cui sono stata da bambina. Molto spesso sono ricordi monchi, sballati, magari inquinati da racconti sommari o qualche fotografia. Ebbene, mi ricordo.
Ricordo la pizzeria in largo Montebello. Facile, direte voi, ci abiti. Eh no, io ricordo quella che c'era 25 anni fa (o 20?). Leti e Rita abitavano proprio in via Santa Giulia, così ci andavamo spesso. Di quella pizzeria ricordo: la proprietaria che sorrideva, una gatta, e dei tavoloni da osteria (io me li ricordo in un piano interrato ma evidentemente erano al primo piano).
Ricordo il ristorante 1+1 per tutti di cui però ricordo solo il nome e un corridoio. Era in corso Belgio? C'era Uccio?
Ricordo la pizzeria da Paolo in corso Casale. Ricordo anche la delusione quando venne chiusa.
Ricordo un ristorante che forse c'è ancora in via Roma a San Bartolomeo al bivio per l'autostrada. Ricordo la "pasta corta al pomodoro" (che da lì divenne un must) e le scaloppine al limone che si erano dimenticati di portarmi.
Ovviamente ricordo anche da Antonio in via Aurelia, sopraffino. E la nonna che prenotava come se fosse una vecchia amica anche se ci andavamo forse due volte l'anno.
Ricordo il Cit ma bon, sempre in corso Casale (questo però è facile perché ci sono tornata). Farinata. Pizza al tegamino (?). Da lì capii perché mia nonna mi chiamava sempre "cita" (non nel senso della scimmia di Tarzan).
Ricordo una pizzeria vicino a casa di Ornella e Claudio. Si chiamava (chiama?) qualcosa che ha a che fare con 4. I quattro denari, i quattro soldi, i quattro cavalieri? (dell'Apocalisse?). Ricordo la meringata con la cioccolata calda sopra. Ghiottoneria condivisa con Claudio.
Ricordo l'Osteria dell'Amicizia com'era una volta. Una vera osteria.
Ricordo anche una pizzeria a Sauze, che mi sembrava lontanissima, poi quando un po' più grandicella capii la geografia del paese fu un po' una delusione scoprire dov'era. Ricordo i muri di mattone.
Ricordo i rigatoni del ristorante Goffi con la nonna.
Ricordo il primo ristorante cinese, con Uccio, dove imparai a usare con maestria i bastoncini (cosa di cui mi vanto ancora oggi). Forse era La grande muraglia?

Possibile che non ricordi altro?

(aggiornamento)

Come ho potuto tralasciare la pizzeria Celentano a San Bartolomeo? Tra l'altro c'è ancora, ma ha cambiato sede. Ricordo esattamente la prima volta che riuscii a mangiare una pizza intera. Non ricordo il gusto della pizza, ma quello della soddisfazione sì.
Ricordo anche un ristorante al Col di Nava, dove si mangiava sempre polenta con...? Una qualche carne. E poi una volta ho vomitato.

venerdì 18 aprile 2008

麻婆ナス ☆Mabo nasu



Ecco un'altra, diciamo, "libera interpretazione" della cucina giapponese impunemente perpetrata in questa casa.

Anzi, già ci sono non una ma due contaminazioni alla base, perché:

1) questo è un piatto cinese
2) di solito si fa con il tofu, ma in Giappone lo fanno anche con le melanzane (bbone...).

Dunque si tratta di un piatto a base di melanzane (nasu), e carne macinata, il tutto condito con una salsa molto speziata e piccante (lo stesso vale quando si cucina con il tofu).
In teoria la base del piatto sarebbero le melanzane, ma visto che noi non siamo mai contenti ho invertito le proporzioni, quindi quello che vedete in foto è un piatto a base di carne macinata e qualche melanzana, il tutto condito con una salsa molto speziata e piccante (lo stesso vale quando lo cucino con il tofu).
Non so, ma così mi sembra più un "secondo", con carne e contorno di verdura. Comunque dopo i primi tragicomici tentativi ormai mabo nasu è diventato uno dei miei cavalli di battaglia, e ora mi esibisco anche in ardite variazioni sul tema!

lunedì 14 aprile 2008

Senza parole

Che disastro.

venerdì 11 aprile 2008

きんぴらゴボウ ☆ Kinpira gobo

Altro capitoletto su una verdura che in Italia è difficile trovare ma che è molto diffusa in Giappone: il gobo, che altro non è che la radice della bardana (sì, quella pianta con i fiori "a velcro").
E' una radice piuttosto dura e legnosa, molto più delle radici che anche in Italia ogni tanto si mangiano bollite. Ovviamente va spelata (anzi, privata della corteccia), tagliata a pezzettini e bollita, prima di essere consumata.

Il gusto, come un po' quello di tutte le radici, è uno di quelli che "si impara ad apprezzare" (o, in altre parole, all'inizio fa abbastanza schifo). Io trovo che abbia un vago retrogusto di liquirizia, ma nessuno mi dà mai retta, chissà perché.

Nella cucina giapponese sono molti i piatti che ne fanno uso, zuppe comprese, ma il più famoso (e il più buono devo dire) è il Kinpira gobo.
Si tratta di una sorta di insalata (a volte tiepida ma molto spesso fredda) di gobo e carote, precedentemente stufati con i soliti salsa di soia, mirin (sake dolce) e zucchero, il tutto spolverato con un po' di sesamo bianco.
Sia il gobo che le carote, forse perché in fondo sono radici della stessa risma, rimangono molto croccanti.
In molti ristoranti te lo portano come stuzzichino con la birra, e a me personalmente non basta mai!!

Per la cronaca, questo gobo è secco, o per meglio dire lo era prima che lo cucinassi. L'abbiamo comprato in Giappone, qui ho quasi rinunciato a trovarlo.


ニンニクの芽 ☆ ovvero i germogli dell'aglio

Forse non tutti sanno che nella nostra famiglia, se non si mangiano cose puzzolenti non siamo contenti. Ed è quindi con grande gioia che la scorsa settimana abbiamo trovato a Porta Palazzo (come faremmo senza?) i ninniku no me, ovvero i germogli dell'aglio (o forse sarebbe più appropriato chiamarli steli). In Giappone ne facevamo uso direi quasi industriale, e rinunciare era stato davvero un po' dura. Ma Porta Palazzo è piena di sorprese, e quando meno ce lo aspettavamo eccoli comparire, come un regalo, proprio lì davanti ai nostri occhi. Attimo di commozione.

Passando alla descrizione, essendo i suddetti gli steli dell'aglio, abbastanza prevedibilmente hanno un sapore molto simile all'aglio, ma più delicato. Si mangiano tagliati a pezzetti e saltati in padella, e conservano una croccantezza davvero golosa.

Visto che non sappiamo quando li ritroveremo, ne abbiamo presi due. Un primo mazzo l'ho cucinato come facevo sempre in Giappone (ogni tanto ci vuole un angolino nostalgia) cioè saltati in padella con carne di maiale, ma per il secondo abbiamo cercato una ricetta nuova, ed ecco il risultato!
Gli ingredienti sono: maiale, ninniku no me, carote e germogli di soia. Il tutto poi l'ho condito con salsa di ostriche! Yummy!!
Insomma, un bel piatto di carne e verdura (+ l'immancabile riso = una dieta equilibrata, se la matematica non è un'opinione)

martedì 1 aprile 2008

Takoyaki

Qualche tempo fa, siamo stati invitati dall'amica Akiko a mangiare i takoyaki. Trattasi di palline a base di un impasto a sua volta a base di farina, con dentro il polpo (tako), e altre amenità. Sono una specialità di Osaka, dove ha studiato Akiko, e infatti erano buonissimi! (molto più buoni di quelli che ho mangiato a Osaka, per la verità)

Dunque, il procedimento è abbastanza semplice, ma le speranze di ogni intraprendente cuoco sono generalmente castrate sul nascere dalla mancanza, in ogni casa italiana che si rispetti, dell'apposita piastra per takoyaki. In realtà non è nient'altro che una piastra con dei buchi rotondi, a mo' di polpetta. La piastra di Akiko ovviamente viene dal Giappone, e ha anche dovuto usare un trasformatore di corrente, ma questa è un'altra storia, che magari un giorno racconterò con il titolo Le Avventure di Alice nel Paese con la corrente diversa.


Per prima cosa, ovviamente, si fa scaldare la piastra, e poi, untala, si riversa una parte di impasto, che è molto liquido. A questo punto si mettono il polpo (un pezzetto a polpetta) e le altre amenità come porri, zenzero, cose crunchose che non ho ancora capito cosa sono ecc (foto sopra) e infine si richiude tipo sandwich con altro impasto (foto a lato). Fin qui tutto ok.



Quando l'impasto comincia a rapprendersi, viene il difficile. Bisogna munirsi di apposito stecchino, e far saltare le polpettine nei loro buchi, in modo che cuociano uniformemente sia sopra che sotto che di lato ecc. Qui a lato potete ammirare la sapiente mano di Shinji che dà prova di insospettabili abilità.
Quando sono cotti, si guarniscono con maionese, salsa apposita e scaglie di tonno e a quel punto sono pronti.

Attenzione, ingordi!!! Sono bollenti!! Soffiare prima di mettere in bocca!

martedì 18 marzo 2008

Proverbi sui gatti

Come tutti sanno, io sono un'amante dei gatti. In Giappone c'è addirittura la contrapposizione tra: sei un amante dei gatti (nekoha) o dei cani (inuha)? Beh, io sicuramente dei gatti. Sono belli, morbidosi, intelligenti e non puzzano (cosa non da poco). Un attimo, dubbio: e quelli che li amano tutti e due? Devo approfondire.
Ieri notte come spesso mi capita in questo periodo ho sognato dei gatti e c'era di mezzo il lardo. Quindi stamattina mi sono svegliata con in mente il proverbio "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino". E mi sono ricordata che da piccola, siccome non sapevo bene cosa fosse il lardo, credevo che la gatta andasse al LARGO (primo mistero: ma i gatti non avevano paura dell'acqua?!), e che vai al largo che ti vai al largo finisse per affogare (lasciarci lo zampino nel senso di lasciarci la pelle). Invece poi fortunatamente sono venuta in contatto con questo dono di Dio che è il lardo e ho capito il vero significato del proverbio, e cioè che se uno fa cose proibite/pericolose troppe volte, prima o poi lo scoprono (lasciarci lo zampino nel senso di lasciare l'impronta).
Ma c'è un altro proverbio (o meglio modo di dire) che mi dà da pensare. "Gatta ci cova" (uno dei preferiti di Shinji). Ora, l'uso è chiaro. Quando c'è qualcosa di sospetto, si dice appunto qui gatta ci cova. Pensavo però all'origine. Io ho sempre pensato che visto che le gatte non fanno le uova per "covare" si intendesse quando i gatti si mettono accucciati prima di fare un agguato, e da questo supponevo che il detto significasse: sta per succedere qualcosa (cioè il famigerato agguato alle caviglie). Però mi è venuto un dubbio: e se significasse in realtà "c'è qualcosa di strano perché cosa diavolo ci fa una gatta su un uovo, visto che le gatte non fanno le uova?"?! Ovviamente ho cercato un po' su internet, ma non ho trovato nulla di serio, tutte opinioni personali e quindi valide relativametne. Qualcuno ne sa qualcosa?

venerdì 29 febbraio 2008

Nabe

Dopo tanto tempo, un post culinario.

Forse non tutti sanno che... In Giappone esistono molti piatti, che vanno appunto sotto il generico nome di nabe ("pentola"), in cui i commensali pescano da una pentola messa in mezzo al tavolo, su un fornelletto a gas. Ci sono diversi tipi di nabe. I più conosciuti forse sono il sukiyaki (a base di carne di vitello, cavolo cinese, tofu, funghi shiitake, e qualcos'altro che sicuramente mi sfugge, con pochissimo brodo - anzi non è neanche brodo, e prima di mangiare si intinge quello che si pesca nell'uovo crudo), e lo shabu shabu (questo non l'ho mai cucinato quindi non so esattamente come funziona). Ma ce ne sono tantissimi altri, e visto che finalmente Shinji e io abbiamo comprato il fornelletto per fare il nabe qualche sera fa abbiamo invitato Fusako e abbiamo fatto miso nabe, cioè nabe con un brodo a base di miso. Ovviamente è stata Fusako a preparare il brodo, che era davvero buonissimo (per l'occasione l'abbiamo fatto a partire dall'alga konbu e non dalla polverina). Dentro ci abbiamo messo, come si può anche forse intravedere, l'immancabile cavolo cinese, tofu, funghi shiitake, germogli di soia, polpette di pollo, aglio e zenzero, e pancetta di maiale (quella cruda, non il salume). Praticametne si fa il brodo, poi si mette la pentola su questo fornellino e si cominciano a mettere gli ingredienti, a partire da quelli che ci mettono di più a cuocere, si copre e si aspetta un po'. E poi si scopre e si mangia, e man mano che finiscono gli ingredienti se ne aggiungono altri. Noi, non contenti, alla fine, quando è rimasto solo più il brodo, ci abbiamo messo anche dei ramen! (io però ero strapiena e non me li sono goduti...)
Ormai la primavera si avvicina e il nabe è un piatto prettamente invernale, quindi ne faremo sempre meno, però è davvero una bella cosa, soprattutto quando ci sono ospiti a cena è molto conviviale! Un po' la filosofia del kotatsu, insomma!



domenica 10 febbraio 2008

L'invasione degli ultracorpi/The Invasion


C'è stato un periodo della mia seppur breve vita in cui avevo una vera passione per i film di fantascienza americani degli anni 50. In particolare, più avevano velati riferimenti alla guerra fredda, più mi piacevano. Il mio preferito era ovviamente L'invasione degli ultracorpi, che mi ha fatto e continua a farmi davvero gelare il sangue. Quindi si può immaginare quanto ero contenta all'uscita di The Invasion, il remake con Nikole Kidman e 007 (ora mi sfugge il nome). Non so più per quale motivo non riuscimmo ad andare a vederlo al cinema, poi tra l'altro lo tolsero subito. Inoltre, le recensioni che lessi qua e là lo stroncavano inappellabilmente, quindi mi ero rassegnata a vederlo in DVD. E così ho fatto ieri.

Come capita quasi sempre, l'originale è nettamente migliore del remake, e la ragione è presto detta: ciò che fa paura nel '56, ciò che fa paura in bianco e nero, nell'era della CG regala al massimo un po' di inquietudine (infatti a Shinji non è piaciuto gran che). Inoltre dimenticando la dimensione cittadina o poco più dell'originale, nel remake, seguendo la moda dei grandi film catastro-horror (vedi Io sono leggenda, 28 giorni/settimane dopo e tutti i vari virus degli ultimi anni), tutti si devono radunare in un punto di raccolta protetto dall'esercito ecc, il che dà un tocco di grandezza, è vero, ma perde anche un po' di quella provincialità e freschezza che secondo me erano uno dei pregi dell'originale. Detto questo, il film è assolutamente godibile, e parecchio inquietante. Quello che mi interessava di più, però, era come sarebbe stato reso il concetto che nel primo era nascosto ma ora è noto a tutti, dell'identificazione dell'alieno con il comunista. Il tutto, ora che la guerra fredda (pare) è finita. Ebbene secondo me hanno avuto un mini colpo di genio. Quando l'invasione è già iniziata ma ancora nessuno lo sa, Nicole e il suo amico 007 vanno a cena dall'ambasciatore ceco (nota stupidina: prima di andare a cena da quello che ancora non sappiamo essere un ambasciatore, lui dice "sono cechi, quindi probabilmente mangeremo il gulash. E io a chiedermi ma che c'entrano i ciechi con il gulash??) e lì incontrano anche l'ambasciatore russo. Il quale fa un discorso la cui sintesi potrebbe essere: immaginare un mondo in cui da conflitto non nasce conflitto, è come immaginare un mondo in cui gli esseri umani non sono più umani. Nicole ribatte che è vero che l'uomo è animale, ma piano piano ci stiamo evolvendo. Insomma, un sovvertimento dei ruoli.
Gli alieni quando si impossessano dei corpi degli umani, fanno lo stesso identico discorso che facevano nel '56. Ora siamo tutti uguali, non ci saranno più conflitti. Peccato che ora il russo non è più d'accordo. Insomma, ammettiamo e diciamo apertamente che nel '56 il riferimento era ai russi, ma ora che non è più così, chi sono questi alieni??? Ai posteri l'ardua sentenza.

lunedì 4 febbraio 2008

Bugie

In questo periodo dell'anno in ogni pasticceria e panetteria che si rispetti ci sono bugie a profusione. A me, a dire il vero, non fanno impazzire. Ogni volta che ne mangio una, però, mi torna in mente un episodio.
Io e Letizia eravamo a casa di Nonna Lisa, la casa vecchia la cui geografia mi è sempre rimasta un po' oscura. La nonna aveva fatto le bugie in casa! E Letizia disse:

- Nonna, hai fatto le bugie perché dici le bugie?

al che la nonna rispose:

- Tutti dicono le bugie, anche la nonna. E a volte anche qualche verità.

E scusate se è poco.

giovedì 31 gennaio 2008

Diario di viaggio, materiale extra 2: il pachinko

L'ultimo capitolo del diario di viaggio non poteva non essere dedicato al pachinko, probabilmente il gioco più diffuso in Giappone. Si tratta di una sorta di incrocio tra una slot machine e un flipper, in cui, dopo aver inserito dei soldi, dall'alto escono una dopo l'altra delle biglie di metallo che devono, o dovrebbero, fare un certo percorso. Se finiscono in un certo buco, le vinci tu e escono da sotto e tu le puoi rimettere in gioco o cambiarle in premi/soldi, altrimenti le mangia la macchina. Il percorso delle palline può essere misteriosamente modificato da una manopola che onestamente non ho capito come funziona.
Siccome non avevo mai provato, l'ultimo giorno a Kumamoto Shinji, Kim-chan e io siamo andati in un pachinko e Kim-chan ci ha insegnato i rudimenti. Dopo un po' che non capivamo niente e le palline continuavano a turbinare senza un ordine preciso, abbiamo deciso di spostarci alle slot machine... e io ho vinto!! Ben 7000 yen, meno i 2000 spesi all'inizio, ho avuto un guadagno netto di 5000 yen! La classica fortuna dei principianti.
In Giappone ci sono degli enormi "parlour" in cui appena entri vieni assalito da musichette assordanti e ci sono file e file di macchinette, con persone le più diverse che giocano a tutte le ore. Quando vinci, prendi i tuoi gettoni e vai a cambiarli. Ti danno uno scontrino e una scatola di biscotti/cioccolatini. A quel punto esci e sul retro c'è un bugigattolo in cui ti danno i soldi. Questo succede perché in teoria, il gioco d'azzardo è illegale! Quindi non ti possono dare dei soldi dentro. Però te li danno fuori! Mica scemi, eh?

mercoledì 23 gennaio 2008

Diario di viaggio, materiale extra: kotatsu e capodanno

Immagino che tra i lettori di questo blog non ci siano molti appassionati di Host Club (Elena, se ci sei batti un colpo!), comunque nell'ottavo volume c'era un episodio incentrato sul kotatsu, che è un tavolino riscaldato. Sul piano del tavolo si mette una coperta, sulla quale si posiziona un'altro piano, su cui si mangia.
Nell'espisodio di cui dicevo, Tamaki dice:

"Il kotatsu è una cosa stupenda! E' l'espressione regina della cultura giapponese, sedersi per terra e stare tutti insieme in allegria!",

e poco oltre:

"Il kotatsu è il simbolo dell'unità famigliare! E' vero o no che l'ultimo dell'anno la famiglia si riunisce intorno al tiepido kotatsu, e dimenticando i piccoli screzi quotidiani, man mano che i piedi si sfiorano inevitabilmente, guarda la grande battaglia canora in TV? Anche i mandarini sono un ingrediente fondamentale!"

Credo non ci siano parole migliori per esprimere quello che volevo dire sul kotatsu. Tamaki non mi delude mai.
Ebbene, tutto ciò è assolutamente vero. Nella fotografia qui sopra, a prova dell'enorme potere rilassante e depurante di tutte le tensioni quotidiane e famigliari, Shinji che si addormenta nel kotatsu. La battaglia canora l'abbiamo guardata anche noi, a capodanno. Si tratta di un programma televisivo che fanno tutti gli anni, in cui cantanti famosi divisi in due squadre (rossi-donne e bianchi-uomini) si affrontano a colpi di canzoni famose, e il pubblico da casa, televotando, sceglie la squadra vincitrice. E' assolutamente un must del capodanno in famiglia. Quest'anno hanno vinto gli uomini, per la cronaca.


Altra cosa tipica del capodanno in Giappone è quello che vedete qui a fianco, che si chiama o-sechi. Si tratta di un pasto speciale per capodanno, tradizionale e simbolico. A ogni preparazione è assegnato un simbolo: l'omelette arrotolata con pesce simboleggia la speranza di giorni felici, la salsiccia di pesce bianca e rossa rappresenta il sole che sorge, le uova di pesce siboleggiano il desiderio di avere tanti figli, l'alga la gioia, i fagioli neri la salute, il dentice la felicità, e le acciughe dolci la prosperità e così via.
In realtà il gusto non è tutto sto gran che, ma è molto divertente il concetto. Tanto più che i simboli sono fatti per semplici associazioni fonetiche o di ideogrammi, del tutto arbitrarie!

domenica 20 gennaio 2008

Diario di viaggio, parte quarta: Kumamoto

Dopo una breve sosta alle terme di Shirahama e una notte passata a Osaka, eccoci giunti a Kumamoto.


Qui la cosa sarà più complicata, perché ci sarebbero davvero tante cose da dire. Ho deciso di fare due capitoli speciali, in seguito, per ridurre un po' quello che dovrò scrivere qui, ma sarà comunque arduo...
Come potrete immaginare, l'obiettivo del nostro avvento a Kumamoto era quello di passare il Capodanno in famiglia. E così abbiamo fatto. Ci siamo riposati, abbiamo mangiato quantità esagerate di roba, abbiamo chiacchierato con mamme/ papà/ fratelli/ cognate/ nipotini/ cugini/ zie e chi più ne ha più ne metta.



Ecco a voi, in alto, Kotetsu e Nazuna di fronte al "pranzo bimbi" (per uno!!!) di un ristorante in cui siamo andati. Alla faccia del pranzo bimbi, ovviamente non l'hanno finito (ci abbiamo pensato io e la loro mamma...). Qui a fianco, a grande richiesta, i fratelli Kono!


E scusate se è poco, la nonna!!!!!
Dovete sapere che i nonni materni di Shinji sono di Okinawa (resta solo la nonna). Il che rimane ad esempio in alcuni piatti che Shinji ricorda di aver mangiato spesso cucinati dal nonno quando era piccolo. Pare, a quanto dice ora lei, che la nonna fosse stata promessa in sposa prima ancora di nascere! Chissà se è vero...
Comunque è la nonna svampita più simpatica del mondo!





Essendo tutta la famiglia appassionata di karaoke, non potevamo certo esimerci dall'andare a farci una cantatina con mamma e papà.
Per loro è una vera passione, si esercitano seriamente raggiungendo risultati davvero notevoli (anche in inglese!).


Infine, siccome Kumamoto non è solo luogo di piaceri ma anche di cultura, abbiamo fatto addirittura UNA gita culturale. A parte gli scherzi, il tempo è stato davvero poco e molte cose (ad esempio il bellissimo castello, la casa di Natsume Soseki, il parco Suizenji ecc) li avevo già visti in passato. Ebbene, questa volta siamo andati al Reigando, la grotta dove Miyamoto Musashi si ritirò in eremitaggio per scrivere il suo "Libro dei cinque anelli". Accanto alla caverna propriamente detta, c'è una parete rocciosa su cui sono stati posti molti (la leggenda dice 500 ma ovviamente sono meno) jizo, statuette buddiste, ognuna con un'espressione diversa, come forse si può capire, con l'aiuto di un po' di immaginazione, dalla foto.
Purtroppo il tempo freddo e quasi nevoso non ci ha permesso di rimanere a lungo, ma anche questo è un luogo con un'atmosfera davvero particolare.


domenica 13 gennaio 2008

Diario di viaggio, parte terza: L'antica via di Kumano ☆ 熊野古道

La terza tappa del nostro viaggio è stata l'antica via di Kumano (熊野古道), la strada dei pellegrini che, nella pensisola di Kii, unisce i tre grandi santuari Kumano Hongu Taisha, Kumano Hayatama Taisha e Kumano Nachi Taisha, che tutti insieme prendono il nome di Kumano Sanzan, cioè "i tre monti di Kumano".


Partiti da Ise subito dopo la visita al santuario, siamo saliti su un treno regionale che per fare poco più di 100 km ci ha messo più di tre ore!! In effetti si fermava ad ogni stazione, quasi tutte piccolissime, per un totale di 31 (trentuno)!! Arrivati a Katsuura, la nostra base per la visita all'antica via di Kumano, eravamo stravolti e nei pressi della stazione era tutto buio. Abbiamo trovato un alberghetto e mangiato un pasto pronto.

La mattina abbiamo fatto un giretto al porto, dove abbiamo visto scaricare, disporre e calibrare una quantità industriale di tonni (yum). Poi via in pullman verso il Nachi Taisha, con la sua antica via.





Da tempo immemorabile i pellegrini percorrono questa serie di sentieri che si intrecciano nella fitta foresta, per far visita ai santuari di cui sopra, intervallati da tanti altri più piccoli. Si tratta semplicemente di un sentiero nel bosco, lastricato quanto basta, con altarini e tempietti a intervallare il percorso.

E' difficile descrivere a parole l'atmosfera, la calma, il ritmo rallentato che tutto prende in quei luoghi. I versi degli uccelli, il bosco di bambù, quelli che scendono e salutano, la guida turistica che aspetta qualcuno e intanto ti racconta.




Arrivati in cima, piccolo agglomerato di case con simpatica vecchina che vende caramelle. Il suo è un tipico negozietto di quelli che ormai si vedono sempre meno... Foto.
(e mi torna in mente il viaggio di Takemoto)



E finalmente il Nachi Taisha (che onestamente, rispetto alla strada per arrivarci, non è niente di che...). Notare il torii arancione, in tipico stile Kumano, mi dicono...

Attaccato al santuario c'è anche un tempio buddista, fuori una signora che brucia incenso ci fa una minilezione sulla differenza tra buddismo e shintoismo, leggermente risentita per il fatto che con il ristabilirsi della religione shintoista, molti templi furono trasformati in santuari, cosa che proprio non le va giù. Entriamo, anche il monaco attacca bottone, paragona i pellegrini di Kumano a quelli di Roma, il che mi fa pensare a come sia davvero possibile pensarsi uguali.


Poco distante, una pagoda a tre piani con la bellissima cascata di Nachi sullo sfondo. Pare che sia la più alta del Giappone. Anche ai piedi della cascata c'è un tempietto, e dicono che berne l'acqua doni lunga vita (fatto, ora stiamo a vedere).



Tornati in città, compriamo qualche souvenir mangereccio e saliamo sul primo treno per Shirahama (un altro treno locale... argh).