venerdì 4 luglio 2008

Ebano

Stamattina ho finito di leggere Ebano, di Ryszard Kapuscinski. Si tratta di uno zibaldone di riflessioni più o meno approfondite, racconti di viaggio, vere e proprie lezioni sulla situazione di alcuni paesi, raccolte durante la sua pluridecennale esperienza di corrispondente dall'Africa. Rispetto agli altri suoi libri che ho letto, Shah in Shah e Imperium, che comunque mi erano piaciuti moltissimo, soprattutto il primo che mi ha anche permesso di vantarmi di sapere tutta la storia iraniana mentre guardavamo Persepolis, Ebano è più affascinante perché è sfuggente, è come guardare una mostra di fotografie, ogni fotografia un momento, una storia, e poi si passa alla successiva. Per certi versi è agghiacciante (vedi il capitolo sul Ruanda o quello sulla Liberia), per altri rilassante e sempre molto coinvolgente.
Tra i tantissimi passaggi che mi hanno colpito, ne riporto uno.

La nostra terra, il nostro pianeta è una congerie di decine di migliaia di posti, ciascuno con il proprio nome (per giunta scritto o prounciato diversamente nelle varie lingue, il che ne aumenta il numero). Sono una quantità talmente sterminata che, viaggiando, uno non riesce a tenerne a mente neanche una piccola parte. Spesso la nostra memoria è talmente satura di nomi di località, regioni e paesi, che non riusicamo più ad associarli a un'immagine, a una veduta, a un paesaggio, a un episodio o a un volto. Tutto si mescola, si accavalla, sbiadisce. L'oasi Sodori la mettiamo in Libia invece che in Sudan; la cittadina di Tefe in Laos invece che in Brasile: il piccolo porto di pescatori di Galle in Portolallo, invece che dove realmente si trova, vale a dire in Sri Lanka. L'unione del mondo, così difficile da raggiungere nella realtà pratica, si realizza nei nostri cervelli, nei suoi strati di memoria perduta e confusa.

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