lunedì 28 aprile 2008

Ristoranti e ricordi

Ci sono ricordi, sapori, brevi flash che a volte mi riportano alla mente dei ristoranti (o pizzerie) in cui sono stata da bambina. Molto spesso sono ricordi monchi, sballati, magari inquinati da racconti sommari o qualche fotografia. Ebbene, mi ricordo.
Ricordo la pizzeria in largo Montebello. Facile, direte voi, ci abiti. Eh no, io ricordo quella che c'era 25 anni fa (o 20?). Leti e Rita abitavano proprio in via Santa Giulia, così ci andavamo spesso. Di quella pizzeria ricordo: la proprietaria che sorrideva, una gatta, e dei tavoloni da osteria (io me li ricordo in un piano interrato ma evidentemente erano al primo piano).
Ricordo il ristorante 1+1 per tutti di cui però ricordo solo il nome e un corridoio. Era in corso Belgio? C'era Uccio?
Ricordo la pizzeria da Paolo in corso Casale. Ricordo anche la delusione quando venne chiusa.
Ricordo un ristorante che forse c'è ancora in via Roma a San Bartolomeo al bivio per l'autostrada. Ricordo la "pasta corta al pomodoro" (che da lì divenne un must) e le scaloppine al limone che si erano dimenticati di portarmi.
Ovviamente ricordo anche da Antonio in via Aurelia, sopraffino. E la nonna che prenotava come se fosse una vecchia amica anche se ci andavamo forse due volte l'anno.
Ricordo il Cit ma bon, sempre in corso Casale (questo però è facile perché ci sono tornata). Farinata. Pizza al tegamino (?). Da lì capii perché mia nonna mi chiamava sempre "cita" (non nel senso della scimmia di Tarzan).
Ricordo una pizzeria vicino a casa di Ornella e Claudio. Si chiamava (chiama?) qualcosa che ha a che fare con 4. I quattro denari, i quattro soldi, i quattro cavalieri? (dell'Apocalisse?). Ricordo la meringata con la cioccolata calda sopra. Ghiottoneria condivisa con Claudio.
Ricordo l'Osteria dell'Amicizia com'era una volta. Una vera osteria.
Ricordo anche una pizzeria a Sauze, che mi sembrava lontanissima, poi quando un po' più grandicella capii la geografia del paese fu un po' una delusione scoprire dov'era. Ricordo i muri di mattone.
Ricordo i rigatoni del ristorante Goffi con la nonna.
Ricordo il primo ristorante cinese, con Uccio, dove imparai a usare con maestria i bastoncini (cosa di cui mi vanto ancora oggi). Forse era La grande muraglia?

Possibile che non ricordi altro?

(aggiornamento)

Come ho potuto tralasciare la pizzeria Celentano a San Bartolomeo? Tra l'altro c'è ancora, ma ha cambiato sede. Ricordo esattamente la prima volta che riuscii a mangiare una pizza intera. Non ricordo il gusto della pizza, ma quello della soddisfazione sì.
Ricordo anche un ristorante al Col di Nava, dove si mangiava sempre polenta con...? Una qualche carne. E poi una volta ho vomitato.

venerdì 18 aprile 2008

麻婆ナス ☆Mabo nasu



Ecco un'altra, diciamo, "libera interpretazione" della cucina giapponese impunemente perpetrata in questa casa.

Anzi, già ci sono non una ma due contaminazioni alla base, perché:

1) questo è un piatto cinese
2) di solito si fa con il tofu, ma in Giappone lo fanno anche con le melanzane (bbone...).

Dunque si tratta di un piatto a base di melanzane (nasu), e carne macinata, il tutto condito con una salsa molto speziata e piccante (lo stesso vale quando si cucina con il tofu).
In teoria la base del piatto sarebbero le melanzane, ma visto che noi non siamo mai contenti ho invertito le proporzioni, quindi quello che vedete in foto è un piatto a base di carne macinata e qualche melanzana, il tutto condito con una salsa molto speziata e piccante (lo stesso vale quando lo cucino con il tofu).
Non so, ma così mi sembra più un "secondo", con carne e contorno di verdura. Comunque dopo i primi tragicomici tentativi ormai mabo nasu è diventato uno dei miei cavalli di battaglia, e ora mi esibisco anche in ardite variazioni sul tema!

lunedì 14 aprile 2008

Senza parole

Che disastro.

venerdì 11 aprile 2008

きんぴらゴボウ ☆ Kinpira gobo

Altro capitoletto su una verdura che in Italia è difficile trovare ma che è molto diffusa in Giappone: il gobo, che altro non è che la radice della bardana (sì, quella pianta con i fiori "a velcro").
E' una radice piuttosto dura e legnosa, molto più delle radici che anche in Italia ogni tanto si mangiano bollite. Ovviamente va spelata (anzi, privata della corteccia), tagliata a pezzettini e bollita, prima di essere consumata.

Il gusto, come un po' quello di tutte le radici, è uno di quelli che "si impara ad apprezzare" (o, in altre parole, all'inizio fa abbastanza schifo). Io trovo che abbia un vago retrogusto di liquirizia, ma nessuno mi dà mai retta, chissà perché.

Nella cucina giapponese sono molti i piatti che ne fanno uso, zuppe comprese, ma il più famoso (e il più buono devo dire) è il Kinpira gobo.
Si tratta di una sorta di insalata (a volte tiepida ma molto spesso fredda) di gobo e carote, precedentemente stufati con i soliti salsa di soia, mirin (sake dolce) e zucchero, il tutto spolverato con un po' di sesamo bianco.
Sia il gobo che le carote, forse perché in fondo sono radici della stessa risma, rimangono molto croccanti.
In molti ristoranti te lo portano come stuzzichino con la birra, e a me personalmente non basta mai!!

Per la cronaca, questo gobo è secco, o per meglio dire lo era prima che lo cucinassi. L'abbiamo comprato in Giappone, qui ho quasi rinunciato a trovarlo.


ニンニクの芽 ☆ ovvero i germogli dell'aglio

Forse non tutti sanno che nella nostra famiglia, se non si mangiano cose puzzolenti non siamo contenti. Ed è quindi con grande gioia che la scorsa settimana abbiamo trovato a Porta Palazzo (come faremmo senza?) i ninniku no me, ovvero i germogli dell'aglio (o forse sarebbe più appropriato chiamarli steli). In Giappone ne facevamo uso direi quasi industriale, e rinunciare era stato davvero un po' dura. Ma Porta Palazzo è piena di sorprese, e quando meno ce lo aspettavamo eccoli comparire, come un regalo, proprio lì davanti ai nostri occhi. Attimo di commozione.

Passando alla descrizione, essendo i suddetti gli steli dell'aglio, abbastanza prevedibilmente hanno un sapore molto simile all'aglio, ma più delicato. Si mangiano tagliati a pezzetti e saltati in padella, e conservano una croccantezza davvero golosa.

Visto che non sappiamo quando li ritroveremo, ne abbiamo presi due. Un primo mazzo l'ho cucinato come facevo sempre in Giappone (ogni tanto ci vuole un angolino nostalgia) cioè saltati in padella con carne di maiale, ma per il secondo abbiamo cercato una ricetta nuova, ed ecco il risultato!
Gli ingredienti sono: maiale, ninniku no me, carote e germogli di soia. Il tutto poi l'ho condito con salsa di ostriche! Yummy!!
Insomma, un bel piatto di carne e verdura (+ l'immancabile riso = una dieta equilibrata, se la matematica non è un'opinione)

martedì 1 aprile 2008

Takoyaki

Qualche tempo fa, siamo stati invitati dall'amica Akiko a mangiare i takoyaki. Trattasi di palline a base di un impasto a sua volta a base di farina, con dentro il polpo (tako), e altre amenità. Sono una specialità di Osaka, dove ha studiato Akiko, e infatti erano buonissimi! (molto più buoni di quelli che ho mangiato a Osaka, per la verità)

Dunque, il procedimento è abbastanza semplice, ma le speranze di ogni intraprendente cuoco sono generalmente castrate sul nascere dalla mancanza, in ogni casa italiana che si rispetti, dell'apposita piastra per takoyaki. In realtà non è nient'altro che una piastra con dei buchi rotondi, a mo' di polpetta. La piastra di Akiko ovviamente viene dal Giappone, e ha anche dovuto usare un trasformatore di corrente, ma questa è un'altra storia, che magari un giorno racconterò con il titolo Le Avventure di Alice nel Paese con la corrente diversa.


Per prima cosa, ovviamente, si fa scaldare la piastra, e poi, untala, si riversa una parte di impasto, che è molto liquido. A questo punto si mettono il polpo (un pezzetto a polpetta) e le altre amenità come porri, zenzero, cose crunchose che non ho ancora capito cosa sono ecc (foto sopra) e infine si richiude tipo sandwich con altro impasto (foto a lato). Fin qui tutto ok.



Quando l'impasto comincia a rapprendersi, viene il difficile. Bisogna munirsi di apposito stecchino, e far saltare le polpettine nei loro buchi, in modo che cuociano uniformemente sia sopra che sotto che di lato ecc. Qui a lato potete ammirare la sapiente mano di Shinji che dà prova di insospettabili abilità.
Quando sono cotti, si guarniscono con maionese, salsa apposita e scaglie di tonno e a quel punto sono pronti.

Attenzione, ingordi!!! Sono bollenti!! Soffiare prima di mettere in bocca!