mercoledì 23 luglio 2008

スタミナ料理 ☆ Stamina ryori

D'estate, come tutti sanno, il caldo fa perdere le forze. Il caldo fa venire voglia di mangiare leggero, fresco, poco. Invece no. Stiamo sbagliando tutto. D'estate, per recuperare le forze, bisogna mangiare stamina ryori, ovvero i piatti che ci donano stamina (energia).

Ecco alcuni cibi che si possono annoverare tra i donatori di stamina: aglio, porri, peperoncino, nira, fegato, anguilla...

Ovviamente il non plus ultra è il famoso nira rebaa, cioè fegato e nira in padella, ma visto che alla sola vista del fegato mi vengono i conati, finora le preghiere di Shinji sono rimaste inesaudite.
Anche lo unadon, l'anguilla arrostita servita su un letto di riso, va forte d'estate. E' sinceramente un po' pesantuccia ma è davvero squisita. Personalmente però mi rifiuto di comprare l'anguilla, che già di suo sembra un serpente, pulirla (sempre serpente), arrostirla su uno spiedo che non ho (poi fa caldo) e infine cucinarla. Cioè, quando il piatto è pronto ho già perso tutte le forze che devo ancora guadagnare mangiandola. Qualche volta ho preso il grongo, un parente dell'anguilla, ma non è proprio la stessa cosa.
Però giustamente anche noi vogliamo e dobbiamo, per non perdere le forze, darci alla stamina ryori.

Così qualche giorno fa ho cucinato questo stamina don, a base di carne di maiale, porri, alghe e tanto aglio. Sapeste che energia!! (e che puzza, ma ne vale la pena)
A piacere, si può mangiare con un uovo crudo 'ncoppa, che io ho evitato per motivi gravidici, e credo che anche quello contribuisca nell'azione curativa e lenitiva delle estive stanchezze dell'intero piatto.

Insomma, come al solito... Buon appetito!

domenica 20 luglio 2008

Guida galattica per gli autostoppisti

In molte delle civiltà meno formaliste dell'Orlo Esterno Est della Galassia, la Guida galattica per gli autostoppisti ha già soppiantato la grande Enciclopedia galattica, diventando la depositaria di tutto il sapere e di tutta la scienza, perché nonostante presenti alcune lacune e contenga molte notizie spurie, o se non altro alquanto imprecise, ha due importanti vantaggi rispetto alla più vecchia e più accademica Enciclopedia: uno, costa un po' meno; due, ha stampate in copertina, a grandi caratteri che ispirano fiducia, le parole "NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO". [...] E, nel caso che ci fosse un'inesattezza tra quanto riportato nella Guida e la Vita, ricordate che in realtà è la vita ad essere inesatta.


Finalmente, dopo anni di ambizioni frustrate, sono riuscita, grazie al mio adorabile maritino che mi ha fatto una sorpresa, a vedere il film Guida galattica per autostoppisti, tratto dalla fantastica serie (fantastica) Guida galattica per gli autostoppisti del compianto Douglas Adams.

Il mio primo incontro con il libro, per un caso del destino, avvenne proprio in Giappone, durante il mio primo viaggio, a Kanazawa. Il compagno di corso Claudio mi prestò uno dopo l'altro i quattro libri della trilogia: Guida galattica per gli autostoppisti, Ristorante al termine dell'universo, Addio e grazie per tutto il pesce, Praticamente innoquo. E subito me ne innamorai. A quel tempo la versione italiana era introvabile in commercio, ma mi fu regalata la versione completa della serie in inglese, ancora più godibile. Ora è nella lista dei libri da comprare, visto che Mondadori l'ha rieditata (la prima edizione, del 1980, era Urania).

Quando in Italia uscì il film fu scandalosamente ostracizzato. Rimase nelle sale (poche) per ben un week end!! A cavallo di ferragosto!! Infatti noi eravamo a Venezia e non riuscimmo a vederlo, con mio grande dispiacere. Poi lo cercammo in videoteche varie per tre anni, senza successo, fino all'intervento, quasi un deus ex machina, del mio maritino.

Per i non adepti, ricordo che la Guida è sia il titolo del primo libro della serie (e di conseguenza di tutta la serie), che di un libro che compare nella serie, una vera e propria "guida turistica" a proposito della "vita, l'universo e tutto quanto".
La guida è anche secondo me la cosa più riuscita nel film. Con una grafica davvero carina e accattivante, l'interattività del libro viene mostrata tramite le spiegazioni di tutto ciò che Arthur, uno dei protagonisti, cerca (come potrebbe fare su Wikipedia) durante il suo soggiorno nello spazio (in pigiama). Tra l'altro, un tentativo di ricreare la guida on line è stato fatto dalla BBC, e si chiama h2g2.
Altra cosa davvero carina del film è il robot depresso Marvin. Con quel testone, le spalle curve e gli occhi a triangolo è davvero kawaii. E, come nel libro ovviamente, è argutamente depresso. D'altra parte, è un prototipo di robot con Caratteristiche da Persona Vera (CPV), e viene definito l'androide paranoico (in inglese "paranoid android"...). Spinge al suicidio tutti i computer di bordo con cui conversa a proposito della vita.
Una cosa che invece mi ha un po' turbata, più di quando la lessi sul libro, è il Babel Fish, il Pesce di Babele. Si tratta di un pesciolino che si mette nell'orecchio, e dona la capacità di comprendere tutte le lingue dell'universo. Insomma, tutti noi traduttori ci ritroveremmo nei campi a raccogliere pomodori se ci va bene, o olive se ci va male. Il nome è stato poi adottato da Altavista per il suo traduttore on line (che fortunamente è una schifezza).
In realtà le trovate emozionanti e i personaggi esilaranti nella saga sono davvero tantissimi, e più ne scrivo più me ne vengono in mente. Una per tutte: la risposta alla domanda universale su "la vita, l'universo e tutto quanto", che è 42.
Ma mi fermo qui. Chi non l'ha ancora letto, dovrebbe leggerlo. O per lo meno guardare il film. Poi, non potrà fare a meno di cercare il libro.

giovedì 10 luglio 2008

La fine dell'agonia?

Credo che tutti ormai sappiano che la Corte d'appello civile di Milano ha dato il permesso che siano staccate le macchine che alimentano e idratano artificialmente Eluana Englaro, in coma ormai da sedici anni (sedici anni!) in seguito a un grave incidente stradale. Stamane, l'articolo di Adriano Sofri su Repubblica.it ci ricorda che l'agonia non è stata solo quella, inutilmente e ingiustamente prolungata, di Eluana, che speriamo non si renda conto di nulla, ma anche quella dei suoi genitori. Il padre poi, si è battuto con una forza e una tenacia ammirevoli, lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta che spesso tentano anche i più disperati. Speriamo che ora anche loro possano trovare un po' di pace, certo senza più una figlia, ma almeno liberi da un peso e da una responsabilità che non si augura certo a nessuno.
Ovviamente il Vaticano e molti esponenti della destra parlano di "scelta grave", "eutanasia di fatto". La Binetti (ci mancava!) addolcisce con un sorprendente "dal mio punto di vista". Ora vorrei dire una cosa ovvia. Come tutti sanno non mi intendo di religione, Chiesa, e tantomeno di Dio, ma a me sembra che il concetto sia che Dio dà la vita, e Dio ugualmente la toglie. Non mi sembra che sia contemplato che Dio alimenti artificialmente una persona in coma. La povera Eluana, fosse stato per Dio, sarebbe già morta da tanti anni, o mi sbaglio?
E speriamo che questa sia la volta buona, per Eluana, per i suoi genitori, e per noi tutti che abbiamo condiviso con pena questa vicenda, sperando che possa servire per darci una legislazione univoca e poco aperta alle interpretazioni in casi del genere. Perché qui Dio non c'entra niente.

venerdì 4 luglio 2008

Ebano

Stamattina ho finito di leggere Ebano, di Ryszard Kapuscinski. Si tratta di uno zibaldone di riflessioni più o meno approfondite, racconti di viaggio, vere e proprie lezioni sulla situazione di alcuni paesi, raccolte durante la sua pluridecennale esperienza di corrispondente dall'Africa. Rispetto agli altri suoi libri che ho letto, Shah in Shah e Imperium, che comunque mi erano piaciuti moltissimo, soprattutto il primo che mi ha anche permesso di vantarmi di sapere tutta la storia iraniana mentre guardavamo Persepolis, Ebano è più affascinante perché è sfuggente, è come guardare una mostra di fotografie, ogni fotografia un momento, una storia, e poi si passa alla successiva. Per certi versi è agghiacciante (vedi il capitolo sul Ruanda o quello sulla Liberia), per altri rilassante e sempre molto coinvolgente.
Tra i tantissimi passaggi che mi hanno colpito, ne riporto uno.

La nostra terra, il nostro pianeta è una congerie di decine di migliaia di posti, ciascuno con il proprio nome (per giunta scritto o prounciato diversamente nelle varie lingue, il che ne aumenta il numero). Sono una quantità talmente sterminata che, viaggiando, uno non riesce a tenerne a mente neanche una piccola parte. Spesso la nostra memoria è talmente satura di nomi di località, regioni e paesi, che non riusicamo più ad associarli a un'immagine, a una veduta, a un paesaggio, a un episodio o a un volto. Tutto si mescola, si accavalla, sbiadisce. L'oasi Sodori la mettiamo in Libia invece che in Sudan; la cittadina di Tefe in Laos invece che in Brasile: il piccolo porto di pescatori di Galle in Portolallo, invece che dove realmente si trova, vale a dire in Sri Lanka. L'unione del mondo, così difficile da raggiungere nella realtà pratica, si realizza nei nostri cervelli, nei suoi strati di memoria perduta e confusa.