Dopo una notte a Nagoya, e una cena a base di miso katsu, cioè una cotoletta di maiale impanata e poi ulteriormente intinta in una salsa a base di miso, al mattino ci siamo diretti verso Ise, dove si trova il santuario shinto più importante e antico di tutto il Giappone.
Visto che è stata una esperienza bellissima, vorrei spendere due parole per spiegare brevemente e in modo molto semplificato cos'è lo shinto, e che ruolo ha il santuario di Ise all'interno di questa "religione". Premetto che tutto quello che scriverò l'ho imparato per caso, girando i santuari e leggendo qualche libro, quindi se ci saranno delle inesattezze me ne scuso fin da ora.

Il Giappone originariamente professava un culto di tipo animista, ma con una piccola differenza. Non credevano che in tutte le cose
abitasse uno spirito, bensì credevano che tutte le cose
fossero uno spirito di per sè. Questi spiriti, tutti espressione di un'unica forza vitale ma diversi tra di loro, prendono il nome di
kami. Oltre ai
kami che sono in mezzo a noi (il bosco, la montagna, il fiume...), c'è anche un pantheon di
kami "superiori", che abita le alte pianure del cielo, del tutto simile al pantheon di dei pagani greci o romani. Sono
kami di forma antropomorfa, che provano emozioni umane, piangono, ridono, si offendono, fanno la pace, e a differenza degli dei "nostrani" non sono infallibili né immutabili, sebbene conservino la prerogativa dell'immortalità (e ci mancherebbe). Il
kami più importante di questo pantheon, sebbene non sia il primo, è Amaterasu Omikami, la dea del sole, che dona la luce e quindi la vita, e dalla quale discende la famiglia imperiale giapponese. Furono i genitori di Amaterasu, Izanami e Izanagi, gli dei fratelli e amanti, a creare il Giappone facendo cadere gocce nel mare dal loro bastone sacro. Ma questa è un'altra storia.

Il santuario è il luogo di contatto tra il mondo degli uomini e il mondo degli spiriti, è un luogo "magico" segnalato dal
torii, il "cancello" che si vede in cima alle scale nella fotografia qui a destra e in fondo alla strada in quella più sopra. Il
torii sta a segnalare che si sta entrando in un luogo sacro, dimora dei
kami, e per farlo ovviamente bisogna purificare lo spirito e il corpo. Per lo spirito, è un po' più complicato, ma per purificare il corpo il santuario mette a disposizione delle vasche d'acqua con dei mestoli grazie ai quali ci si lava le mani (purificazione di fuori) e la bocca (purificazione di dentro).
All'interno dei santuari, di quello di Ise come di tutti gli altri, non c'è nulla se non delle capanne, più o meno grandi, ma sempre molto semplici, che sono appunto la dimora del
kami che risiede in quel particolare santuario. Di solito c'è un
kami principale a cui è dedicato l'edificio più grande, e tanti
kami "più piccoli", per i quali sono edificate piccole capanne tutto intorno. Poi c'è l'edificio delle danze sacre e l'immancabile edificio per la vendita di: portafortuna (per la salute, l'amore, la guida, lo studio, la gravidanza ecc), nonché i
fuda, pezzi di carta su cui è scritto il nome del
kami, e che serviranno per proteggere una certa area (a chi non vengono in mente i
fuda messi sulle porte per impedire agli spiriti vendicativi di entrare, nelle vecchie storie di fantasmi giapponesi?), e tipicamente vengono inseriti nell'altare domestico per proteggere la casa.

Ma mi sembra giunto il momento di cominciare a parlare del santuario di Ise. Si tratta in realtà di due santuari, il santuario di dentro (
naiku) e il santuario di fuori (
geku), distanti poco più di 5 km tra di loro, ai quali fanno da cornice una novantina di santuari più piccoli. Il santuario principale, il
naiku, è dedicato alla dea Amaterasu Omikami, e custodisce uno dei tesori del Giappone, lo specchio sacro. Si tratta del leggendario specchio con il quale gli altri
kami attirarono Amaterasu fuori dalla caverna nella quale si era nascosta, stufa di litigare con gli altri, lasciando così tutto il Giappone al buio! Il santuario, come tutti gli altri del resto, viene ricostruito periodicamente, sempre seguendo le tecniche e l'architettura originali (è questo il lavoro che finisce a fare Takemoto di
Honey and Clover!), e lo specchio viene traslato dal suo vecchio alloggiamento a quello nuovo, appena costruito, di notte, in assoluto silenzio, in modo che Amaterasu si svegli nella sua nuova casa senza accorgersi di nulla. Il geku invece è dedicato al
kami delle messi e dei raccolti, Toyouke Omikami. E' superfluo dire che il raccolto di riso, di fondamentale importanza fin dalla notte dei tempi per un popolo che basa la sua dieta su di esso, è sempre stato oggetto di riti propiziatori e cerimonie simili. Basti dire che all'ascesa al trono di un nuovo Imperatore, questi deve piantare il riso nuovo (o forse lo deve fare ogni anno? Non ricordo).

I due santuari, quello di dentro e quello di fuori, sono molto diversi tra loro. Ovviamente ognuno di essi conserva le caratteristiche principali del santuario tipo: accesso attraverso il
torii, altri
torii più piccoli a segnalare accessi a ulteriori aree sacre all'interno dell'area sacra, edificio principale con vari edifici più piccoli dedicati a
kami minori. Ma mentre il
naiku è quasi tutto in pianura, con sentieri larghi e aiuole curate, il
geku è selvatico, verrebbe da dire selvaggio, sentieri stretti e irti si snodano in mezzo a una natura secolare e viva, lasciata fiorire a suo modo, che è un modo che comunque non tradisce e non interfersisce con la presenza umana. Personalmente, il
geku mi ha fatto un'impressione fortissima. Passeggiare in assoluto silenzio in mezzo a una natura che da secoli avvolge e non stravolge l'architettura del tempio, in un muto patto tra uomini e
kami.
Ciò che è più straordinario dei santuari di Ise, a mio parere, è che pur essendo i santuari più importanti del Giappone, visitati periodicamente da primi ministri e Imperatori che vi svolgono riti che si ripetono sempre uguali da secoli, sono i più semplici che io abbia visto. Già i santuari shinto sono semplici per definizione, naturali, ma questi hanno una semplicità ulteriore, una sorta di umiltà che traspare da ogni centimetro quadro (basti pensare che i
torii non sono neanche dipinti di arancione, come è praticamente d'uso), un'atmosfera di assoluta comunione con la natura che non può non far sentire la sacralità di ciò che ci circonda.